Iniziamo con un breve elenco di fatti sullo spumante:

  • è un vino;
  • fa le bolle;
  • tra i più conosciuti vi è lo champagne, ma l'unica differenza dagli altri spumanti è data dalla provenienza dell'uva, raccolta nella omonima regione francese;
  • è tradizionalmente prodotto con l'uva acerba.
  • dopo una fermentazione è aspro e contiene un po' di zucchero
  • circa 9% di volume alcolico
  • al fine di incrementare frizzantezza, volume alcolico e sapore, il vino viene sottoposto ad una seconda fermentazione.

Ma cosa succede quando apriamo una bottiglia di spumante? Che tipo di composti vengono rilasciati?

Tra i centinaia di composti contenuti nello spumante, l'acido decanoico è responsabile dell'aroma tostato, mentre il dodecanoico è probabilmente responsabile delle note metalliche.

Da una prospettiva fisica, ogni spumante deve obbedire ad una particolare legge, quella di Henry: la quantità di gas dissolta in un fluido è direttamente proporzionale alla pressione del gas con cui è in equilibrio.

In parole povere: maggiore è la pressione del gas in una bottiglia, più sarà la quantità di gas disciolta nel liquido. E questo è importante perché la quantità di CO2 disciolta nel vino è responsabile della sua caratteristica effervescenza, che lo rende appunto "spumante". Quando apriamo la bottiglia, non facciamo altro che destabilizzare l'equilibrio che si era generato tra l'anidride carbonica presente nello spazio tra il tappo ed il vino e quella disciolta nel vino stesso. Il gas che era nella zona superiore, infatti, viene rilasciato nell'aria e, seguendo la legge di Herny, la CO2 che era disciolta nel vino compensa questa mancata pressione abbandonando il liquido sotto forma di bolle. E ancora altra CO2 abbandona il vino quando versiamo quest'ultimo nei bicchieri! Si stima una perdita di circa 1 milione di bolle per bicchiere.

Probabilmente, se vi trovate nella posizione d'aver vinto il gran premio di F1, non avete davvero interesse nel gustare il vostro vino, ma anzi l'atto dell'aprirlo è per voi meramente simbolico e la fuoriuscita indiscriminata dell'anidride carbonica è assolutamente desiderata. Viceversa, quando siete nel vostro salotto ed avete davvero intenzione di gustare lo spumante, l'interesse è quello di tenere la CO2 al proprio posto e fare in modo che il vino "spumi" il meno possibile.

Per cui, per raggiungere questo obiettivo, lo champagne va servito il più freddo possibile, così da ridurre al minimo la fuga della CO2, ma bisogna anche tenere conto degli altri composti organici presenti che invece DEVONO essere rilasciati, al fine di garantire il sapore ideale. La temperatura ottimale è perciò di 8-10 °C. Anche scegliere il bicchiere giusto è importante: per evitare la fuoriuscita della CO2, bisogna ridurre al minimo le turbolenze ed allontanare la superficie del fluido dalla zona apicale del bicchiere, così da minimizzare i contatti con l'aria. Meglio del flute, quindi, risulta essere il cosiddetto bicchiere a tulipano, spesso utilizzato anche per certe birre artigianali.

Ripresa termografica

Nell'immagine non vi è un originale esempio di pop-art, bensì una serie di fotogrammi tratti da una ripresa termografica (acquisizione di immagini nell'infrarosso, un po' come Snake in Metal Gear Solid) che rivela la fuga di CO2 nell'atto del versare lo champagne.


Fonte immagine: J. Ag. Food Chem

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