Le infezioni parassitarie affliggono più di 1 miliardo di persone, tipicamente cittadini di nazioni sottosviluppate o in via di sviluppo. Molti malati, a causa della scarsità di strumenti disponibili, sono costretti a vivere con le conseguenze dell'infezione per tutta la loro vita: dolore cronico, disabilità, perdita di produttività. Per questa ragione le infezioni parassitarie vanno considerate come un problema sanitario ed economico globale e va data loro la massima importanza.

In questo quadro si inserisce il bisogno di nuovi farmaci, come spiega Peter Hotez, decano della Scuola Nazionale di Medicina Tropicale al College Baylor di Medicina. Spesso la mancanza di coinvolgimento da parte delle industrie farmaceutiche determina una difficoltà insormontabile per lo sviluppo degli antiparassitari, soprattutto per l'impossibilità economica nel portare avanti i trial clinici.

Allora che si fa quando mancano i fondi per i trial clinici? Non li si fa. O meglio: si approfitta di chi li ha già fatti. Un gruppo internazionale di ricercatori vorrebbe capire se sia possibile riproporre farmaci già approvati (che quindi non hanno bisogno di tutti i trial, dato che almeno fino alla fase II sono stati già superati) per colpire tenie, anchilostomi ed altre piccole ed infide creature che mandano il nostro sistema immunitario in frantumi. Per rispondere alla domanda si sono rivolti al genoma, anzi al numero sconcertante di 81 GENOMI.

Dopo aver sequenziato 45 nuovi genomi di vermi differenti, Avril Coghlan, un bioinformatico del Wellcome Sanger Institute, ha combinato, insieme ai suoi colleghi, le informazioni ottenute con quelle già possedute di altri 36 parassiti. Hanno elaborato questi dati con un software che li ha aiutati ad identificare vaste famiglie di geni presenti in vermi parassiti che potrebbero non essere presenti in vermi innocui.

Grafico Diagramma Filogenesi Massima Similarità Likelihood

Il gruppo, chiamato l'International Helminth Genomes Consortium, ha rilasciato i risultati delle prime scoperte della ricerca ed ha reso i genomi disponibili sul WormBase Parasite. Sono stati individuati target utili al processo di drug discovery in dozzine di specie, tra platelminti e nematodi, che infettano sia umani che bestiame.

Tra i target meglio conosciuti si annoverano la Glicogeno fosforilasi (nello stesso pathway della glicogeno fosforilasi fosfatasi, target del niridazolo, antiparassitario già approvato) e la Catepsina B, una proteasi lisosomiale, ma si contano ben 289 target scelti, di cui 40 a priorità elevata. Tra questi anche proteine utili al verme per digerire, la cui inibizione determinerebbe un abbandono "volontario" dell'ospite da parte del parassita stesso.

Si sono basati su questi target per individuare una lista di 1200 molecole che hanno grandi possibilità di inibirli. Tra queste molecole lo zolmitriptan, usato nel trattamento dell'emicrania, ed odanacatib, un farmaco per il trattamento dell'osteoporosi mai entrato in commercio perché colpevole di aver determinato un aumento dell'incidenza di ictus in fase III, nonostante i benefici effettivi. Detto ciò, sarebbe senz'altro da considerare l'idea di un'assunzione acuta come antiparassitario, perché l'aumento dell'incidenza diventa rilevante solo con assunzioni su lunghi periodi di tempo ed il rapporto tra pro e contro sarebbe senz'altro sbilanciato verso i pro, in questo caso.

"Nonostante la migliore scommessa sia quella di trovare farmaci già approvati che siano in grado di agire anche come antiparassitari, è anche intellettualmente stimolante l'idea di individuare target totalmente nuovi per cui sviluppare degli hit molecolari ad hoc"

spiega Makedonka Mitreva, uno dei ricercatori che dirige il gruppo di ricerca. E come darle torto.