Catania è sommersa, Catania annega, Catania ancora una volta è violentata da acque straordinarie: così dicono. Peccato che un evento straordinario debba, per definizione, possedere il carattere della temporaneità, essere quindi del tutto accidentale, imprevedibile, ed in virtù di questo fatto potrà dirsi anche sorprendente.

Pensiamo a quanto sta accadendo: siamo sorpresi? Non riusciamo davvero ad individuare una regolarità, un motivo che si ripete sempre uguale sul calendario? Per individuare una persona sinceramente esterrefatta dovremmo probabilmente setacciare Via Etnea al lumicino e sperare che la fiammella non sia estinta da fiotti d'acqua impazziti; ormai non c'è testa che non sia giunta almeno ad un'intima consapevolezza della realtà, ma serve un grande lavoro per tramutarla in coscienza pubblica, quindi in azione collettiva.

I venti e le piogge di questi giorni sono solo uno dei moltissimi vertici del poligono immenso e multisfaccettato che chiamiamo Riscaldamento Globale; e parliamo di un fatto preciso, badate bene, non di un vago ed incommensurabile oggetto al di là della nostra capacità di comprendere quale potrebbe essere per esempio la Provvidenza o l'Ira della Natura, niente affatto. Il Riscaldamento Globale è un oggetto dai confini ben definiti e con facce tutte misurabili. Enorme, ma quantificabile.

Non c'è nessuna apocalisse in arrivo, perché il Mondo è già finito. La Natura com'era intesa l'altro ieri, quella agricola ritratta dai paesaggisti inglesi alla Constable o anche quella industriale, deposito di materie prime oltreché materna discarica misericordiosa per tutte le proiezioni materiali della nostra libido, quella Natura lì è morta. Non ci resta che seppellirla.

E che vuol dire, nella pratica? Abbandonare i disfattismi, i capricci infantili, le declamazioni millenaristiche, alzarsi in piedi, stringersi come sorelle alle vittime dei disastri, accettando la presenza del Riscaldamento Globale come parte integrante delle nostre vite. Come i nostri avi convissero con le fauci vive del nemico nella foresta, noi dovremo costruire le nostre staccionate ed imparare a riconoscere il profilo ostile nell'ombra, migliorando le infastrutture esistenti e sviluppandone di nuove per fronteggiare le emergenze future; dovremo consumare meno, inquinare meno, sviluppare economie meno energivore ed investire sulle rinnovabili.

Le vittime di oggi sono responsabilità di chi ha rifiutato di cambiare ieri: se non agiamo adesso, le vittime di domani saranno le nostre.